L’aumento dei casi di sepsi in Italia, che sono passati da 18.939 nel 2003 a 49.010 nel 2015, rappresenta un grave problema di salute pubblica. Secondo i dati, la sepsi rappresenta dal 3% all’8% di tutti i decessi registrati nel paese in questi anni.
La situazione non è migliore nel resto del mondo, dove ogni anno si verificano circa 47-50 milioni di casi di sepsi, con un decesso su 5 associato a questa condizione. La sepsi è definita come una disfunzione d’organo con pericolo per la vita, causata da una inappropriata risposta dell’ospite a un’infezione.
Uno dei problemi più preoccupanti riguarda i sopravvissuti alla sepsi, che fino al 50% manifesta effetti a lungo termine noti come sindrome post-sepsi. Questo dimostra quanto sia importante migliorare la prevenzione delle infezioni per contrastare la lotta alla sepsi.
È interessante notare che alcuni gruppi di persone sono più a rischio di sepsi, come i pazienti con malattie croniche o con un sistema immunitario indebolito. In particolare, il 40% dei casi di sepsi riguarda bambini di età inferiore ai 5 anni. La sepsi neonatale, infatti, può portare a gravi manifestazioni cliniche e deficit irreversibili a lungo termine.
Per affrontare questa sfida, gli esperti stanno lavorando su nuovi antibiotici e specifici biomarcatori che potrebbero essere utili per il trattamento e la diagnosi precoce della sepsi neonatale. Questi sviluppi sono cruciali per combattere efficacemente questa grave malattia e limitare le sue conseguenze a lungo termine.
In conclusione, la sepsi rappresenta un serio problema di salute pubblica in Italia, come nel resto del mondo. È fondamentale migliorare la prevenzione delle infezioni e investire nella ricerca di nuovi strumenti per il trattamento e la diagnosi precoce della sepsi neonatale. Solo così si potranno ridurre i numeri allarmanti dei casi di sepsi e garantire una migliore qualità della vita per i pazienti colpiti da questa malattia.